Corea del Sud, la Chiesa prega per la pace e l’unità

In commemorazione del 70° anniversario della fine della guerra di Corea, la Chiesa di Seoul ha organizzato un ricco calendario di iniziative religiose per la riconciliazione tra le due nazioni della penisola. Il 25 giugno i cattolici pregano per una pace duratura. P. Rebeggiani: “Predichiamo il perdono per guarire ferite profonde e antiche”. Bernardelli: “Assistiamo a un aumento della militarizzazione”.

Marco Guerra – Città del Vaticano

Domenica 25 giugno la Chiesa coreana celebra la “Giornata nazionale di preghiera per la riconciliazione”, istituita dalla Conferenza episcopale coreana nel 1965 per commemorare il 25 giugno 1950, giorno dell’inizio della guerra tra Nord e Sud Corea. , in cui furono coinvolte anche potenze straniere nel quadro della “guerra fredda”, rispettivamente gli Stati Uniti dalla parte di Seul e la Russia e la Cina da parte di Pyongyang.

70 anni dopo la fine della guerra

La ricorrenza di quest’anno è particolarmente sentita dai cattolici, poiché coincide con il 70° anniversario della fine della guerra di Corea, durata tre anni e durata fino al 27 luglio 1953, giorno della firma dell’armistizio che ha sancito la spartizione. il paese divenne due stati, con una zona smilitarizzata lungo il 38° parallelo. Ed è proprio in quella data che è previsto un altro momento di preghiera nazionale.

intenzione di preghiera

La Giornata di preghiera di domenica è stata preceduta da un’altra iniziativa organizzata dal Comitato nazionale di riconciliazione della Conferenza episcopale sudcoreana che si protrae per tutto il mese di giugno. L’Agenzia Fides informa che sono previste speciali intenzioni di preghiera in diverse date: 17 giugno per la conversione all’unione pacifica; il 18 giugno dai leader politici, perché diventino artefici di pace; il 19 giugno per la denuclearizzazione della penisola coreana e per un mondo senza armi nucleari; il 20 giugno per i soggetti colpiti da sanzioni economiche; il 21 giugno per l’evangelizzazione nella penisola coreana; il 22 giugno per le famiglie separate dai confini e per quelle in fuga dalla Corea del Nord; il 23 giugno per la riconciliazione e l’unità nazionale; oggi, sabato 24 giugno, a tutti gli operatori di pace; e domani, domenica 25, per porre fine alla guerra nella penisola coreana e raggiungere una pace duratura. Alle preghiere per la pace si uniranno anche rappresentanti delle Chiese cristiane di altre denominazioni. Un altro momento degno di nota è stato il 6 giugno, quando una delegazione di vescovi si è recata in pellegrinaggio alla JSA Church, una piccola chiesa che si trova dal 2019 a Paju, nella provincia di Gyeonggi, in Corea del Sud, nella zona smilitarizzata lungo il 38° parallelo.

Pater Rebeggiani: I cattolici pregano per i fratelli e le sorelle del Nord dal 1953

“Va detto che questa è una nazione che rimane divisa e nella coscienza dei cattolici pregare per i fratelli e le sorelle della Corea del Nord, che sono nelle tenebre perché a loro è negata anche la libertà religiosa, è un bisogno molto sentito dal 1953 .” Lo ha detto a Vatican News Sebastiano Rebeggiani, vice parroco della cattedrale di Seoul, che ha poi raccontato che di recente, con il cardinale Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo metropolita emerito di Seoul, e il suo successore Peter Chung Soon-taek, si è tenuto con cadenza settimanale. una messa di riconciliazione nella cattedrale della capitale sudcoreana. Molte sono anche le iniziative nella diocesi di confine”, ha proseguito il sacerdote italiano, “soprattutto con momenti di preghiera legati ai fedeli in fuga dalla Corea del Nord, quindi c’è un movimento complessivo che spinge verso la pace”.

Ferita divisa

Padre Rebeggiani ha auspicato una sorta di “perestrojka nella penisola coreana” e ha parlato di ferite “profonde e antiche” che risalgono addirittura alle monarchie assolute e alla successiva colonizzazione giapponese della prima metà del Novecento. “Dopo il 1945 c’era speranza per un futuro pacifico e prospero, ma le forze vittoriose della seconda guerra mondiale divisero il Paese – ha proseguito il vice parroco di Seoul – e il Nord comunista attaccò il Sud nel 1950. Nel giro di pochi giorni , le forze di Pyongyang raggiunsero Seul ed entrarono persino nella cattedrale, dove per diversi anni non si poté celebrare la messa”. Il sacerdote ha poi fatto riferimento alle famiglie dilaniate da decenni di guerra e dai sentimenti conflittuali che ancora condizionano la politica sudcoreana: “C’è chi è più aperto alla riconciliazione, altri meno aperti e più filoamericani, la speranza del persone. che potessero uscire da questa impasse”. La Chiesa ha partecipato al difficile processo di riconciliazione annunciando la grazia, mentre la Conferenza episcopale cerca di promuovere il dialogo tra le parti, e ogni anno organizza a Seul un forum di pace, invitando i leader del Paese diviso, ha concluso il sacerdote italiano.

Bernardelli: Oggi stiamo percorrendo una strada contraria alla pace

Giorgio Bernardelli, coordinatore editoriale di AsiaNews, ha sottolineato la particolarità della commemorazione e ha ricordato un altro momento importante avvenuto il 6 giugno, quando una delegazione di vescovi si è recata in pellegrinaggio alla JSA Church, una piccola chiesa che dal 2019 sorge a Paju, nella provincia sudcoreana di Gyeonggi, nell’antica zona smilitarizzata del 38° parallelo, “proprio per segnalare la riconciliazione”. Il giornalista ha però ricordato che sul piano politico la situazione era del tutto bloccata: “Oggi si sta percorrendo la strada contraria alla pace, cioè la crescente militarizzazione tra le due Coree, ei vescovi la condannano fermamente”. . “I vescovi, in un messaggio – ha proseguito – hanno detto che la strada da seguire non è quella di precludere l’opzione nucleare”. Infine, il coordinatore editoriale di AsiaNews ha sottolineato che, a causa della repressione, attualmente non esiste una Chiesa cattolica in Corea del Nord; in passato, invece, ci sono stati contatti con comunità nascoste grazie all’opera di solidarietà della Caritas Corea del Sud. La Chiesa del Sud l’ha beatificata anche perché i martiri di Pyongyang hanno ricordato questa ferita aperta.

Alberto Baroffio

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