Sedici persone sono state arrestate e adottate 11 misure di prevenzione giovedì mattina in Italia, nell’ambito di un’operazione effettuata dalla polizia giudiziaria della Direzione investigativa antimafia e dal Nucleo di polizia per la tutela dell’energia e la sicurezza ambientale, riguardante il traffico illecito di rifiuti tra Italia e Tunisia.
L’operazione denominata “Lui e Noè” è stata realizzata in collaborazione con i militari del Comando Provinciale territorialmente competente e su richiesta del Tribunale di Potenza, nei confronti di intermediari, imprenditori, titolari di aziende di trattamento/recupero rifiuti, agenti comunitari, che operavano. nel settore della gestione dei rifiuti, riferiscono l’agenzia di stampa italiana “NOVA” e i media locali.
Inizialmente, i rifiuti di plastica sono stati inviati tra maggio e giugno 2020 da un’azienda italiana per essere riciclati in Tunisia da un’azienda esportatrice tunisina. Tuttavia, si è scoperto che i rifiuti erano per lo più rifiuti domestici e la transazione rappresentava una chiara violazione di diversi accordi internazionali relativi al commercio dei rifiuti.
Gli arrestati in Italia erano sospettati di aver commesso i reati di attività organizzata per il commercio illecito di rifiuti, registrazione di beni fittizi, gestione illecita di rifiuti e costruzione di discariche abusive nonché frode nel pubblico approvvigionamento.
“L’indagine, coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e condotta dagli agenti di polizia del Nucleo ecologico di Salerno e Potenza, (due città italiane), ha consentito di individuare significative operazioni di trasferimento di rifiuti all’estero in uno scenario di crisi trasversale Il traffico di esseri umani alle frontiere è sfuggito al controllo e ha causato danni all’ambiente e alla salute umana”, si legge in un comunicato della Direzione investigativa antimafia della Procura italiana.
“Questo governo agirà con la complicità di intermediari, anche stranieri, che organizzano spedizioni di rifiuti all’estero verso soggetti del tutto incapaci di trattarli, recuperarli e smaltirli in modo ordinato e, quindi, magari destinati all’incenerimento (come è avvenuto ) o è stato abbandonato illegalmente. /sepolti in Africa, contribuendo così al fenomeno dello scarico incontrollato di rifiuti nel continente africano provenienti dai paesi industrializzati.
Questo caso deriva da un contratto di un anno per la gestione di un totale di 120.000 tonnellate di rifiuti con codici del catalogo europeo dei rifiuti, concluso il 30 settembre 2019, tra i rappresentanti della società tunisina “SOREPLAST Suarl”, in quanto destinataria del sciupare. , impianto di recupero ed smaltimento, sito nella città di Sousse (Tunisia), e legale rappresentante della società “SVILUPPO RESORSE AMBIENTALI Srl”, in qualità di produttore di rifiuti presso l’impianto sito in Polla (SA).
“Un ruolo particolare nell’intera indagine sembra essere giocato dalla società intermediaria termale tunisina ECO MANAGEMENT di Soverato (CZ) e da GC Service”, sottolinea la stessa fonte.
“Nel complesso, l’attività investigativa (…) ha consentito di formulare accuse provvisorie, tra cui il traffico illegale di rifiuti oltre i confini nazionali in Tunisia e la frode commessa dall’amministratore della società SRA srL.
Coinvolti nell’indagine anche due dipendenti pubblici della Regione Campania, uno dei quali è stato sottoposto a misure coercitive della forma degli arresti domiciliari.
Nell’ambito della stessa indagine è stata inoltre avviata la confisca dei beni delle società coinvolte per un valore di un milione di euro, secondo i media italiani.
In Tunisia, il problema dei rifiuti in Italia ha scatenato violente proteste e portato al licenziamento dell’ex ministro degli affari locali e dell’ambiente Mustapha Aroui.
Il 4 gennaio 2023 il funzionario è stato condannato a tre anni di carcere dalla Camera penale del Tribunale di primo grado di Tunisi. La Corte di giustizia ha inflitto la stessa pena detentiva (3 anni di reclusione) a tre imputati, 10 anni di reclusione a un dirigente del Ministero dell’Ambiente e 15 anni in contumacia al titolare di un’azienda che importava rifiuti italiani, ancora in fuga, a partire da questa data.
Anche altre sei persone sono state rilasciate dopo un’udienza deliberativa, secondo fonti vicine al caso.
Lo scandalo dei rifiuti importati dall’Italia è stato rivelato in un’inchiesta trasmessa da un canale televisivo privato tunisino nel novembre 2020, dopo essere stata pubblicata su un settimanale tunisino, scatenando una grande polemica in Tunisia e la mobilitazione delle associazioni responsabili dei rifiuti ambientali in Tunisia. Si tratta dell’esportazione illegale, nel 2020, da parte della società italiana Sviluppo Risorse Ambientali di 282 contenitori di rifiuti urbani misti in Tunisia, con affermazioni fuorvianti, affermando che i rifiuti erano stati trattati e sarebbero stati riciclati. In realtà, questi rifiuti sono rifiuti urbani misti e hanno poche possibilità di essere riciclati.
“L’11 febbraio 2022 è stato firmato un accordo istituzionale di cooperazione tra Tunisia e Italia relativo alla restituzione dei rifiuti al Paese di origine (Italia).
L’accordo definisce gli impegni di ciascuna parte riguardo al rimpatrio, in primo luogo, di 213 contenitori di rifiuti, depositati nel porto di Sousse, in Italia. La rispedizione dei rifiuti rimanenti, immagazzinati in un magazzino a Sousse e danneggiati da un incendio, è stata oggetto di “consultazioni” tra le due parti. Secondo l’ex deputato Majdi Karbai, che segue da vicino la questione, a Sousse sono ancora immagazzinate 1.900 tonnellate di rifiuti bruciati.
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