Papa Francesco ha fissato una scadenza: entro il 1 ottobre 2022, tutti gli uffici e le istituzioni associate alla Santa Sede in Italia e nel mondo devono restituire i propri beni all’Istituto per le Opere di Religione (IOR), l’organo bancario del Vaticano. Una decisione pensata per evitare futuri scandali finanziari.
Aristotele scrive alla fine del Libro XII della sua Metafisica: “In ogni cosa dovrebbe esserci un solo principio”. Una massima filosofica che ora vale anche per le finanze vaticane: dal 1 ottobre di quest’anno, solo l’Istituto per le Opere di Religione sarà responsabile dei fondi della Santa Sede. La decisione è stata presa con il rescritto pontificio. Regola il rimpatrio di tutti i titoli, conti e fondi detenuti presso banche italiane o estere.
Il decreto di Papa Francesco fa seguito alla decisione di quest’anno di affidare la gestione di tutti i beni vaticani a un unico organismo, il Tesoro della Sede Apostolica (Apsa). Ciò dovrebbe porre fine a decenni di cattiva gestione, che almeno hanno portato a un dubbio investimento di 350 milioni di euro in proprietà londinesi che sono diventate pubbliche. Uno scandalo finanziario in cui dieci persone – tra cui il cardinale Angelo Becciu, l’ex viceministro degli Esteri recentemente approvato da papa Roma – sono attualmente incriminate davanti al tribunale della Santa Sede.
Lo IOR è stato criticato in passato per la sua mancanza di trasparenza e transazioni fraudolente, ma dopo un decennio di sforzi per ripulire la gabbia di Augia, la Banca Vaticana sembra essere riuscita a perdere la sua reputazione di paradiso fiscale offshore. Anni di riforma hanno ristretto l’elenco dei clienti a uffici vaticani, impiegati, congregazioni religiose e ambasciate.
Papa Francesco ha così segnato il suo desiderio di realizzare la riforma della curia prevista dalla Costituzione Apostolica predicato vangelo sanzionato. Sebbene il documento preveda già il trasferimento di fondi allo Ior, molte organizzazioni hanno messo un freno. Per questo il Santo Padre ha firmato un rescritto che, in teoria, dovrebbe persuadere anche i più recalcitranti ad arrendersi.
Il ruolo principale dello IOR è parte della politica di centralizzazione, che è un elemento chiave della riforma. Ciò preclude a tutti i dipartimenti della Santa Sede la possibilità di investire fondi in modo indipendente. Il 1° ottobre, i fondi restituiti a L’IOR andranno ad aggiungersi ai 5,1 miliardi di euro di attività che la banca ha già.
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