Schlichting: “Se israeliani e palestinesi rischiano la vita, Netanyahu rischia la sua fase politica finale” – Monologo di Cristina López Schlichting

Buongiorno Spagna! BENVENUTO. Questo team del fine settimana vi accompagna il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 14.00 Cristina López Schlichting vi dà il benvenuto a nome di tutti noi. No, non si è verificato un attacco israeliano. Ancora. Gli attacchi terroristici di Hamas dalla Striscia di Gaza e la dichiarazione ufficiale di guerra dello Stato ebraico hanno messo in ansia l’opinione pubblica.

Ieri, alle tre del pomeriggio in Spagna, era scaduto il tempo limite concesso ai palestinesi per spostarsi dal nord al sud del piccolo territorio di Gaza e ogni volta che accendevamo la radio, lo facevamo con l’ansia di sapere se il bombardamento sarebbe avvenuto. A ciò si è aggiunta l’annunciata offensiva di terra da parte di Israele attraverso il dispiegamento di un gran numero di truppe al confine.

Se la situazione qui crea ansia, immagina te stesso lì. Ieri a quest’ora abbiamo salutato Janet Sweigenbaum, che una settimana fa ha subito un attacco terroristico nel suo kibbutz e ora si rifugia a Tel Aviv, in attesa dell’attacco.

No, le truppe non si sono ancora mosse. I preparativi continuano e, per rallegrare il ritmo disperato e sollevare il morale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato nella zona ieri pomeriggio, parlando con i militari e scattando foto con i soldati. Faceva parte anche della propaganda di guerra portata avanti da un politico che era stato condannato dai sondaggi per non aver previsto l’attacco e che aveva appena chiuso il suo gabinetto di guerra con l’opposizione per cercare di legittimarsi. Se israeliani e palestinesi rischiano la vita, Netanyahu rischia la sua fase politica finale. C’è molto da affrontare qui oltre alla guerra sul campo.

È possibile, ad esempio, che nel conflitto sia coinvolto l’Iran, che fornisce armi ad Hamas. Oppure i paesi arabi che hanno riconosciuto Israele, come l’Egitto, la Giordania o il Marocco, si ritirano. Israele non vuole vivere una situazione peggiore di quella accaduta prima, quindi la sua diplomazia sta lavorando a pieno ritmo.

Nel frattempo, i bombardamenti nella Striscia di Gaza hanno aumentato il numero delle vittime. Secondo le autorità di Gaza, in sole 24 ore sono state uccise 324 persone e altre migliaia sono rimaste ferite. L’ultimo conteggio porta il numero dei palestinesi uccisi a 2.215 da quando Israele ha risposto al massacro terroristico di sabato. Nel frattempo, la propaganda continua e Hamas invoca la jihad globale, il che incoraggia più di una persona estremamente fanatica.

Ieri ci sono state manifestazioni filo-palestinesi in Spagna, Italia, Francia e Regno Unito e sono continuate le minacce di bombe nei paesi vicini. Dopo che venerdì un giovane ceceno ha aggredito e ucciso un insegnante, ieri sono emersi falsi allarmi su esplosivi al Museo del Louvre, al Palazzo di Versailles e alla stazione di Lione. I luoghi turistici e affollati sono molto ricercati. Per fortuna è falso. 7.000 soldati pattugliavano la Francia, che erano in attesa. La guerra di Israele è anche una battaglia ideologica, combattuta da alcuni con entusiasmo e mancanza di responsabilità.

Mentre i ministeri degli Esteri internazionali hanno ammorbidito i toni e hanno cercato di mediare per ridurre l’odio, Ione Belarra ha interrotto il confronto con mancanza di responsabilità. È Podemos, ok, ma è anche il governo spagnolo. Certo, sono persone molto ideologiche, ma con un concetto esagerato di rilevanza. Parlare di tribunali internazionali sembra ad alcuni ed ad altri un gesto sconsiderato e arrogante.

Vediamo cosa succede oggi. Fino a mezzanotte c’è un limite di tempo per i palestinesi del nord della Striscia di Gaza per spostarsi verso sud. Tra poco analizzeremo il profilo di questa guerra con Eric Frattini, grande esperto del Mossad e dei servizi di sicurezza israeliani, ma prima dobbiamo mettere in guardia sull’emergenza umanitaria in cui versa il nostro Paese nelle suddette Isole Canarie. tutti, ma anche ad Almeria, Murcia e nelle Isole Baleari. La piccola isola di Hierro divenne meta di emigranti provenienti dalle coste del Senegal. Con una popolazione di quasi diecimila abitanti, la città accoglie 700 persone in un giorno. Quest’anno sono più di 6.000.

In questo periodo sono arrivate nell’arcipelago quasi 20.000 persone. Ieri nove imbarcazioni con un totale di 472 persone sono state soccorse e si trovavano nelle acque di Lanzarote, Tenerife ed El Hierro. Né le tende sul molo di Hierro né i bagni temporanei nel porto sono la soluzione, ma i centri di trattamento sulle grandi isole, dove si cerca di trasferire i nuovi arrivati, sono stracolmi.

Alberto Baroffio

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