Propaganda: il nuovo manipolatore

Quindici anni fa, i democratici di tutto il mondo hanno elogiato i social media per aver facilitato la rivoluzione del “colore”, aiutando a liberare la società. Nel 2011 è stata la volta della rivoluzione araba. Si pensava che più informazioni c’erano, più cittadini avrebbero deciso con coscienza e più paesi avrebbero spezzato le loro catene.

La storia è scritta diversamente.

STATI UNITI D’AMERICA. Brasile. Italia: in ciascuna di queste grandi democrazie, aiutati dalle nuove tecnologie dell’informazione, i populisti sono riusciti a prendere il potere. In molti altri paesi stanno bussando alla porta. Gli estremi si espandono, la società diventa polarizzata, la verità diventa relativa. E dove la verità è secondaria, la democrazia è in pericolo.

Il film “Propaganda, i nuovi manipolatori” esplora il dietro le quinte del movimento populista globale. Decriptare la strategia digitale. Vai a incontrare gli “ingegneri del caos”, quelli che, nell’ombra, pianificano il loro attacco, nascosti dietro schermi di computer pieni di enormi database. Sono informatici, sondaggisti, specialisti dei big data. Sono i nuovi consiglieri occulti del mondo politico. Per conquistare il loro candidato, questi esperti di microtargeting e manipolazione online sono pronti a generare odio, ad aumentare la rabbia. A loro non importa se semina discordia nella società o mina le basi del dibattito democratico.

Questa indagine ci porta in diversi continenti, come il flusso di informazioni che circola indefinitamente da un capo all’altro del pianeta e cambia il comportamento dei cittadini ovunque. Da Washington a Brasilia, passando per Roma, la ricetta è la stessa, anche la tecnologia.

L’abbondanza di informazioni, l’offuscamento dei confini tra verità e falsità hanno cambiato per sempre i paradigmi politici, ovunque nel mondo.

Tuttavia, la resistenza è stata organizzata. Verificatori di fatti, attivisti e politici si stanno muovendo per combattere la disinformazione online.

La democrazia può riprendere il controllo dei social network? Dovremmo, invece, arrenderci al populismo digitale espandendo la sua rete?

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Fedele Golino

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