Non c’è politica senza dialogo

domenica 18 settembre 2022 | 4:00 del mattino

Se pensiamo tutti allo stesso modo e diciamo la stessa cosa, non c’è dialogo se non il monologo. Senza dialogo, il sovrano è la tirannia di un pensiero. Il dialogo presuppone l’espressione di idee diverse: alcuni parlano e altri ascoltano. Questa non è persuasione perché l’obiettivo non è convincere nessuno. Il dialogo arricchisce la conoscenza e fa avanzare anche il pensiero umano. Ecco perché non c’è politica senza dialogo: perché senza dialogo non c’è modo di andare da nessuna parte.

La caratteristica essenziale della democrazia non è l’elezione generale dei suoi governanti. Questa è solo una conseguenza e non è nemmeno la più importante. L’idea essenziale di democrazia è la pacifica convivenza di chi la pensa diversamente. Peggio, è la chiave che ha fatto progredire i paesi più sviluppati del pianeta, semplicemente perché un pensiero ha il difetto insormontabile di essere congelato nel tempo, non avanza perché non ha bisogno di essere contrastato con nessuno.

Quando la politica è imposizione del pensiero maggioritario alla minoranza, o – peggio ancora – imposizione del pensiero minoritario alla maggioranza, non c’è dialogo né democrazia e non c’è progresso. E non pensare che la coercizione della minoranza sia così strana: tutta la tirannia della maggioranza sulla minoranza finisce quando la maggioranza si stanca del solito vecchio mantra; poi la maggioranza diventa minoranza, aggrappandosi al potere e non si arrende finché la maggioranza non fa rimbombare la lezione, come dice Juan Perón.

Devi sempre parlare. Sempre. Sempre. Sempre.

E questo non significa che dobbiamo pensare allo stesso modo o che il nostro pensiero è debole; Non significa nemmeno che dobbiamo abbandonare i nostri principi, la nostra ideologia, la nostra morale o il nostro progetto. Il dialogo non implica questo, ma un’apertura mentale a parlare con il nemico, o con il nemico se è il caso. Pensare che il dialogo significhi arrendersi è una scusa ridicola per non farlo. È il contrario: chiunque dialoghi sta solo cercando di capire la versione dell’altra parte, e questo basta per iniziare a riconoscere che il nemico deve avere le sue ragioni e vi assicuro che vale sempre la pena saperlo.

Papa Francesco ha affermato la scorsa settimana che il dialogo non esclude nemmeno i paesi che causano la guerra. A volte il dialogo deve essere fatto così, ma deve essere fatto. Fastidioso, ma va fatto. Fare sempre un passo avanti, protendersi, sempre. Perché se non lo facciamo, chiudiamo l’unica porta ragionevole alla pace, secondo la versione gratuita in spagnolo di quanto ha detto in italiano, seduto nel corridoio dell’aereo tra giornalisti di tutti i colori. Era sulla via del ritorno dal suo viaggio in Kazakistan, alla sua consueta conferenza stampa con i giornalisti che viaggiavano nella parte posteriore dell’aereo che lo portò a destinazione.

Il Papa ha fatto riferimento a Vladimir Putin quando ha detto che uscire con alcune persone può essere fastidioso. Ovviamente, non perché l’ho menzionato, ma perché era nella domanda. Con più ragioni per la necessità del dialogo in questo momento in cui sembra che la guerra in Ucraina debba finire prima che diventi molto più sanguinosa a causa dell’idea stupida dei giocatori compulsivi, che pensano che quando perdi è quando devi giocare tanto possibile per recuperare ciò che hai perso.

Lo stesso vale per la politica argentina. O dialoghiamo o continueremo a scommettere finché non saremo esausti in una lotta sterile.

Alberto Baroffio

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