Nei musei il riconoscimento facciale serve a descrivere le nostre emozioni davanti alle opere

Per misurare la popolarità di un’opera d’arte, un museo italiano ha predisposto una telecamera dotata di intelligenza artificiale in grado di decodificare le emozioni dei visitatori.

lLa popolarità di un’opera d’arte, come misurarla? Per il numero di persone che si accalcano davanti allo stesso quadro? La quantità di “aaah” e “oooh” saltati davanti alla creazione? Secondo i ricercatori italiani, la risposta è in qualche modo sepolta nelle nostre espressioni facciali.

Cresce l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA). una “telecamera intelligente” in grado di decodificare fino a cinque emozioni facciali umane – gioia, tristezza, neutralità, sorpresa e rabbia – quando quest’ultima viene esposta ad un’opera d’arte grazie ad un algoritmo.

Le espressioni catturate dall’intelligenza artificiale, denominate “ShareArt”, permetteranno di determinare se un’opera ha più successo di un’altra, e quindi aiutare i galleristi a “ripensare le proprie mostre” (ad esempio promuovendo le più apprezzate e scegliendo di non puntare il minimo interesse). Spaventoso, dici?

Fase di prova per tre settimane

Per ora, questa fotocamera è stata testata solo in tre musei italiani situati a Roma, Bologna e Parma. Telegramma. E come ci si potrebbe aspettare, questa nuova tecnologia, originariamente creata per garantire che i frequentatori dei musei non si tolgano le maschere durante una pandemia, non è per tutti i gusti. Alcuni artisti e curatori di musei temono che l’iniziativa porti a una gara piace (come i social network) e distraggono troppo i visitatori.

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Al contrario, altri hanno elogiato la tecnologia come “straordinaria” e “rilevante”. È il caso di Silvia Battistini, curatrice del Museo Medievale della Città di Bologna. “Sono rimasto sorpreso dalle enormi opportunità offerte da questa iniziativa. In qualità di curatore, di solito non ottieni informazioni rilevanti sull’opinione pubblica senza l’intervento di una sorta di mediatore”.

Si noti che a Londra e Washington, diversi musei hanno invitato i visitatori a interagire con l’intelligenza artificiale durante le mostre, ma l’esperienza “ShareArt” è la prima che non richiede la partecipazione attiva di appassionati d’arte.

E i nostri dati, in tutto questo?

Inevitabilmente, una simile iniziativa solleva interrogativi. Se una telecamera registra le nostre espressioni facciali per “giudicare” un’opera d’arte, è possibile che i nostri volti e i nostri dati vengano archiviati da qualche parte, inosservati? No, secondo Riccardo Scipinotti, uno degli ingegneri che ha progettato la fotocamera. Intervistato da Telegramma, crede che i visitatori “non debbano preoccuparsi dei problemi di privacy poiché non vengono memorizzate immagini” e i dati recuperati vengono fuori “come numeri per l’analisi”.

Resta da vedere se i visitatori manterranno la stessa immediatezza di incontrare un’opera d’arte se sanno che la fotocamera sta analizzando la minima ruga. In tal caso, potrebbero mascherare inconsapevolmente o intenzionalmente le loro espressioni facciali, distorcendo l’esperienza “ShareArt”.

Fedele Golino

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