Giovedì il primo ministro italiano Giorgio Meloni annuncerà la decisione del governo su “One Belt, One Road” al presidente americano Joseph Biden in un incontro alla Casa Bianca.
Fonte: Notizie / Milica Ostojic
Dall’UE sono già arrivate assicurazioni che difficilmente l’“addio” alla Cina non causerà pesanti perdite all’Italia, e d’altro canto c’è ancora la speranza che, a causa della mancata estensione della cooperazione con la Cina, l’assistenza americana seguirà. .
Non è difficile prevederlo, il Protocollo firmato nel 2019 su iniziativa dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte non verrà prorogato, perché c’è stata una spiegazione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti consegnata nell’ultima riunione. Fondo Monetario Internazionale che non ha mai condiviso i passi compiuti dall’allora Primo Ministro (orientamento politico di sinistra). E già allora, dall’altra parte dell’Oceano, una mossa così italiana non piaceva.
Il grosso problema per l’Italia potrebbe essere la “pressione economica”. Se la Cina decidesse di punire l’Italia per aver abbandonato l’accordo e mettesse in atto una potenziale ritorsione, ciò significa che l’intera UE dovrà sostenere l’Italia con una potenziale ritorsione. E non solo, Roma deve anche ottenere garanzie dall’Ue, se Pechino mette al bando le aziende italiane, in modo che gli alleati europei, Germania, Francia o Spagna, non ne approfittino e non siano pronti ad approfittarne. approfittando dell’antipatia dell’Italia.
In autunno, prima della scadenza della ratifica del Trattato con la Cina, e se l’Italia dovesse uscire dal Trattato, dovrebbero arrivare garanzie simili dalla Casa Bianca in cambio, oppure qualche aiuto economico e far capire all’Italia a cosa serve la zona di confine. mantenere relazioni commerciali aperte con la Cina, altrimenti rinnovare l’accordo.
Tradotto nel linguaggio della realtà, e con i chiarimenti provenienti dagli ambienti diplomatici americani, ciò non significa che Roma, come Washington, debba fermare tutti gli investimenti cinesi e riprendere i rapporti commerciali con la Cina, ma in modo “strategico”, ed esperti del settore settore si conclude che l’interscambio dell’Italia con gli Usa vale più di quello con la Cina.
Sia la Francia che la Germania hanno criticato l’Italia per la firma. Al suo arrivo alla carica di Primo Ministro, Mario Draghi si è mostrato freddo nei confronti della Cina e, tre giorni prima delle elezioni, Djordja Meloni ha annunciato che, se vincesse come Primo Ministro, non rinnoverà l’accordo con Pechino.
Che l’accordo del 2019 non abbia portato molti benefici all’Italia è dimostrato dal fatto che dal 2020 al 2022 le esportazioni verso la Cina sono aumentate solo del 5% e ammontano a 16,4 miliardi di euro.
Nello stesso periodo, invece, le importazioni dalla Cina all’Italia sono aumentate del 49,1% e ammontano a 57,5 miliardi di euro.
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