Il Senato italiano mercoledì ha bloccato un controverso disegno di legge contro l’omofobia, a cui si oppongono i partiti di estrema destra e il Vaticano. La legge “Zan”, intitolata al legislatore Alessandro Zan del Partito Democratico (PD, centro sinistra) mira a punire atti di discriminazione e incitamento alla violenza nei confronti di gay, lesbiche, transgender e Persone con Disabilità.
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Ma a scrutinio segreto indetto dai partiti di estrema destra Liga e Fratelli d’Italia (FDI), la Camera Alta è stata impedita con 154 voti contro le ultime 131 adozioni del Parlamento, il Consiglio dei Deputati che l’ha adottata lo scorso novembre. Il disegno di legge, nella sua nuova versione, non può essere presentato al Senato per sei mesi, secondo le regole del parlamento italiano. Il blocco di questo progetto è “pagina nera per democrazia e diritti. Il Senato ha deciso di stare lontano dalle vere accusepaese, la reazione di Alessandro Zan.
Il Vaticano è preoccupato
I critici della legge ritengono che rischi di mettere a repentaglio la libertà di espressione e aprirà la strada alla propaganda gay nelle scuole, argomento smentito da Alessandro Zan. A giugno, il Vaticano ha fatto il passo senza precedenti di presentare una formale denuncia diplomatica contro la legge, sostenendo che essa violava il Concordato, un trattato bilaterale tra l’Italia e la Santa Sede. Il Vaticano è profondamente preoccupato per il fatto che, ai sensi della legge sull’omofobia, i cattolici rischino di essere perseguiti per aver espresso opinioni a favore delle tradizionali strutture familiari eterosessuali.
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In risposta, il capo del governo Mario Draghi ha detto che il Parlamento “Gratuitolegiferare su questa materia, perché l’Italia”è uno stato laico, non uno stato settarioIn Italia, Paese tradizionalmente cattolico che ospita sul proprio territorio anche il Vaticano, le leggi sulle tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) sono molto delicate, ma secondo un sondaggio Demos & Pi condotto a luglio, la legge di Zan lo farà hanno il sostegno popolare, con il 62% degli italiani che lo sostengono.
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