Lo scrittore italiano Paolo Giordano ritiene che le scadenze dei politici siano troppo brevi per affrontare crisi di lunga durata come il cambiamento climatico o la migrazione e ritiene che le istituzioni europee siano le uniche a fornire il quadro temporale richiesto da questi problemi. .
Giordano (Torino, 1982), dottore in Fisica, giornalista e sceneggiatore, autore del pluripremiato romanzo “La solitudine dei numeri primi”, parla di crisi globali e personali, nel suo ultimo libro, “Tasmania”, edito in spagnolo da Tusquet.
Le crisi che, negli ultimi anni, Giordano ha sottolineato in un’intervista all’Efe, sono caratterizzate dalla loro contemporaneità: “si passa da una crisi all’altra”.
Ma a parte questo, ha assicurato, crisi come quella climatica o quella migratoria vissuta dall’Italia negli ultimi giorni, hanno un ciclo molto lungo: dureranno a lungo e raggiungeranno anche dimensioni più ampie. E prima di loro, la politica lavora su scadenze molto brevi, “tra le elezioni”, senza una pianificazione a lungo termine.
Pertanto, “guardo più all’Europa, perché l’Europa è ancora l’unica istituzione che dispone dell’orizzonte temporale di cui abbiamo bisogno in questo momento”, ha affermato.
“In Italia, purtroppo, è chiaro che la reazione alle crisi molteplici e complesse è sempre stata quella di ridurre la complessità e muoversi sempre nella giusta direzione. “L’Italia precede sempre di qualche anno i movimenti generali, di solito quelli negativi”, ha spiegato. .Paolo Giordano.
“Tasmania” è ambientato nel novembre 2015, quando il narratore, un giornalista con un background scientifico, come lo stesso Giordano, si reca a Parigi per seguire un vertice sul clima pochi giorni dopo gli attacchi jihadisti. E la crisi pianificata nell’ambiente cittadino sembra essere un riflesso della vita interiore del protagonista.
A Parigi ha incontrato climatologi specializzati in nubi, giornalisti in zone di conflitto o preti che lo hanno aiutato a parlare di varie crisi e ha scoperto che, in caso di grave catastrofe globale, la Tasmania era uno dei posti migliori. dove rifugiarsi.
Giordano esplora poi “i limiti della nostra capacità di comprendere che le crisi globali alla fine diventano crisi personali” e che “sono già crisi”, dice.
Il romanzo, iniziato nel 2015, non parla della pandemia di coronavirus anche se è nato da essa, ammette l’autore.
C’è stato un tempo in cui, ricorda, sapeva cosa significasse “commozione in pubblico” tanto da diventare un’energia palpabile: “molto triste ma anche confortante. Poi scompariva e la gente tornava da dove veniva. ” individualità in modo brutale.” “Ma l’idea di un grido collettivo resta di un significato sociale e politico molto forte.”
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