Il voto online di lunedì sancisce la formazione di una coalizione di governo tra Movimento 5 Stelle (M5S) e Partito Democratico (PD): il 79,3% degli attivisti iscritti alla piattaforma di formazione antisistema di Rousseau accetta la decisione dei propri eletti di allearsi con il loro arcinemico. I due partiti hanno avviato a metà agosto le trattative per formare un esecutivo per evitare le elezioni anticipate indette da Matteo Salvini, leader della Lega (estrema destra), che ha sconfitto il suo stesso governo, formatosi nel giugno 2018 con una “mossa stellare”. .
Nuova inaugurazione presidenziale
In una domanda posta dalla formazione creata dal comico Beppe Grillo dieci anni fa, 79mila elettori hanno dovuto anche convalidare la scelta del premier Giuseppe Conte, l’uomo che ha guidato per quattordici mesi con la Lega il precedente governo 5 stelle. L’ex procuratore 55enne, molto stimato dai vertici del M5S oltre che dai suoi elettori, è stato incaricato dal Presidente della Repubblica, giovedì 29 agosto, di formare un nuovo esecutivo. Mercoledì dovrebbe visitare nuovamente Sergio Mattarella per condividere i risultati delle sue consultazioni con i partiti, prima che la sua futura squadra presti giuramento e venerdì affronti un voto di fiducia in parlamento.
“Non è affatto normale che un candidato premier attenda i risultati di un voto su una piattaforma privata senza garanzie, portato via da Jacopo Iacoboni, giornalista di La Stampa e autore di due inchieste sul Movimento 5 Stelle, L’esperimento 2018) e L’esecuzione (Esecuzione, 2019). Questo è molto più straordinario dal punto di vista istituzionale. Lo scorso anno, infatti, anche i 5 Stelle hanno ceduto la loro futura alleanza al loro militante con la Liga Matteo Salvini. Il 18 maggio 2018 circa 42.000 candidati hanno votato a favore dell’alleanza, mentre 2.500 hanno votato contro. Giuseppe Conte è stato incaricato di formare il governo M5S-Lega due settimane dopo. Questa volta, però, osservatori e politologi hanno denunciato il voto online che rischia di rompere percorsi istituzionali già consolidati e di prendersi gioco della democrazia rappresentativa italiana.
Interessi per mantenere al potere il M5S
Il Movimento 5 Stelle si è sempre affidato alla piattaforma online di Rousseau per chiedere il parere degli “iscritti”, dal nome degli attivisti che seguono la piattaforma. A fine agosto M5S ha comunicato l’iscrizione di 115mila persone. Bisogna essere iscritti lì per almeno sei mesi per votare sulle questioni poste dai leader delle star, dalla scelta del leader politico Luigi Di Maio nell’autunno del 2017 alla difesa dell’immunità parlamentare di Matteo Salvini all’inizio del 2019. La scelta di chi registrarsi segue sempre una linea. Ma la piattaforma di Rousseau pone un vero problema di trasparenza, eppure uno dei temi più amati dai 5 stelle.
Rousseau appartiene all’omonima associazione, presieduta da Davide Casaleggio, titolare di Casaleggio Associati, società privata che si occupa di strategia e marketing online, oltre che di tecnologia informatica. Sono stati i suoi sviluppatori a creare una piattaforma online a 5 stelle, finanziata dai propri funzionari eletti. Davide è figlio di Gianroberto Casaleggio, cofondatore del movimento con Beppe Grillo, scomparso nell’aprile 2016. «In Italia abbiamo una web company privata che ha costruito un partito, analizza il giornalista Jacopo Iacoboni. Ci sono molti casi oscuri di dati e utilizzo dei social media in politica, ma le aziende sono almeno formalmente separate dalle campagne, diciamo, di Donald Trump o della Brexit”.
Per Davide Casaleggio è quindi molto importante mantenere al potere il M5S: da più di un anno gestisce “le comunicazioni e i processi democratici del principale partito di governo”, teme Marco Canestrari, ex dipendente di Casaleggio Associati. Gli imprenditori possedevano così il “grande potere contrattuale” acquisito grazie all’associazione di Rousseau. “Gli amministratori possono infatti creare profili utente utilizzando la piattaforma, continua l’autore del libro. Sistema Casaleggio (2019). E M5S non è nemmeno titolare di questi dati personali. “Questo conflitto di interessi tra pubblico e privato ha portato alla fine dell’esperienza del Movimento 5 Stelle”, hanno anticipato i giornalisti di La Stampa.
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