Il primo ministro Giorgia Meloni ha lanciato un dibattito presidenziale sette mesi dopo essere salito al potere.
Durante la settimana ha incontrato i leader dell’opposizione per trovare un terreno comune
I capi di governo aspirano a modificare la Costituzione con riforme istituzionali, ma non ci sono ancora proposte chiuse
Un’idea è quella di aumentare i poteri del presidente del Consiglio dei ministri, che sono più simili al presidente
Ha fatto una promessa ai suoi elettori durante la campagna elettorale e questa è una questione che la destra in Italia ha sempre perseguito, Silvio Berlusconi lo faceva già allora. Giorgia Meloni ha mosso il suo primo passo decisivo aprendo un dibattito con l’opposizione sulla riforma costituzionale a un modello più presidenziale, in cui il capo dello Stato è eletto dai cittadini e quindi ha un vero ruolo politico. La proposta specifica non è stata chiusa, anche il presidente del Consiglio ha usato questa settimana giudicare per cosa vogliono votare i diversi membri dell’opposizione e mettere il dibattito nell’opinione pubblica, ma ha ancora molta strada da fare e i cambiamenti potrebbero non riguardare solo il capo dello Stato, ma anche il ruolo dello stesso premier Meloni. Questo orizzonte legislativo, che per ora sembra, almeno per ora, reggere allo stesso livello del consenso tra i partner di destra: Meloni, Berlusconi e Salvini. Sarà questo un governo di grande cambiamento costituzionale?
Giorgia Meloni studia a “Modello italiano” senza doversi adeguare, ad esempio, al presidenzialismo francese o americano che vede l’elezione diretta del Presidente della Repubblica che è anche capo del governo. Al momento si stanno analizzando le varie ricette, ma la chiave, che vuole il premier, si legge già tra le righe. Cerca di confrontare i modelli fino ad ora, Il capo dello Stato che ha il potere di assegnare la formazione di un governo, Nella stessa legislatura abbiamo visto diversi Dirigenti rimanere nel Paese, in media un anno e mezzo. Rendere impossibile questa mania politica italiana è un argomento a favore del cambiamento costituzionale che Meloni sta cercando e, a questo proposito, potrebbe facilmente trovare italiani, sobri e sfiniti dal loro governo mortale. Ciò che i diritti difendono è che se il primo ministro viene eletto dal popolo, sarà meno vulnerabile di fronte ai disordini politici, quello che dicono le recensioni è che può contenere troppa potenza. Per farlo, avvalendosi “del sostegno fornito dalle urne”, ha voluto spostare i nuovi poteri nella sede dell’Esecutivo e allontanarli dalla presidenza repubblicana, ovvero, attualmente, da Sergio Mattarella. Anche se ha promesso che, se questa o qualsiasi forma simile continua, onorerà la fine del suo mandato, per almeno altri 6 anni.
Inizialmente la Meloni voleva un cambiamento importante verso l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, eletto dai cittadini, e non dalle Camere come avviene oggi. L’opposizione, che si è riunita a rotazione martedì scorso, ha mostrato le sue carte. Il premier sa di poter contare su Matteo Renzi e Italia Viva e Carlo Calenda e Azizone, i due partiti centrali minori che hanno dato la loro disponibilità e vicinanza all’ipotesi costituzionale melone, soprattutto nella versione che conferma il premier, senza dover sfiorare le elezioni presidenziali repubblicane. Tuttavia, né il M5S né il nuovo leader di PS Elly Schlein, vicina al sistema presidenziale. “Questa non è una priorità del Paese, è il lavoro, la salute pubblica, il Recovery Fund, i giovani e il clima”, ha detto Schlein dopo il suo primo incontro faccia a faccia con il primo ministro.
Quindi l’ipotesi che Meloni trova più percorribile, soprattutto dopo questi incontri, e dove può trovare più consensi, è quella di lanciare il cosiddetto “Sindaco d’Italia”, abbinando le elezioni del primo ministro repubblicano a quelle attualmente di proprietà dello stato nelle elezioni municipali. Così i cittadini voteranno per il sindaco, per una persona, e non per un deputato o un presidente di una lista di partito. Quella persona, inoltre, avrebbe molto più potere di quello che aveva attualmente e il mandato si baserebbe sulla sua figura. Tuttavia, finora il Governo non ha lanciato una proposta concreta e sta ancora sperimentando la possibilità di spostarla.
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A sette mesi dall’arrivo a Palazzo Chigi del leader di estrema destra, diverse sono state le decisioni emesse dal suo Esecutivo e ora si trova ad affrontare le difficoltà che sta vivendo il Paese con la gestione dei fondi del Recovery Plan europeo. Ma la Meloni sa che questo presidenzialismo è un dibattito ampio ed è solo un preludio “dove si discute sui metodi, non sui meriti”, ha detto NIUS. Esperto costituzionalista della Sapienza Università di Roma Stefano Ceccanti. L’intenzione della Meloni è di sottolineare al Capo dello Stato o al Presidente del governo che uno dei due deve essere prioritario per evitare instabilità. “Cerca di perfezionare l’idea che un leader, con una coalizione dietro di lui, abbia il vero potere”, disse l’esperto. “Resta da vedere quanto saranno rigide queste riforme ma, ad esempio, sarà impossibile decidere sul consenso di un premier senza passare attraverso un sondaggio di opinione perché quando Mario Draghi è stato convocato, il potere sarebbe solo con un voto”. Ha aggiunto. Le critiche ruotano attorno all’idea che Meloni abbia osato accrescere il proprio potere in modo tale da scardinare il sistema – un solo capo di tutto – e che il ruolo di capo del governo, ormai incarnato anche da Sergio Mattarella, rispettato in tutto il consiglio in Italia, si sta indebolendo.
Come sono state attuate le riforme costituzionali in Italia?
L’approvazione va ottenuta due volte in ogni seggio in Parlamento, Senato e Camera dei Deputati, ed è probabile che si tenga un referendum se richiesto da un quinto dei legislatori dell’opposizione tra i banchi avversari con il patto come previsto con Matteo Renzi. Renzi è stato l’ultimo a tentare le riforme istituzionali nel 2016, un referendum costituzionale volto a modificare i poteri del Senato è stato tra l’altro infruttuoso e si è concluso con le sue dimissioni da capo del governo.
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