Se c’è un partito che può permettersi di perdere anche le primarie interne, lo è Partito Democratico Italiano. Forse qualcuno ricorderà come Pedro Sánchez sia riuscito a riconvalidare la sua candidatura alla segreteria nel 2020, nonostante il bancone fosse guidato da baroni. Qualcosa di simile è successo in Italia questa domenica con Stefano BonacciniIl governatore della Regione Emilia-Romagna, sconfitto al voto proprio dal suo ex vicepresidente in Emilia-Romagna, Elly Schlein (già eurodeputato tra il 2014 e il 2019 nel gruppo socialista), nonostante il sostegno (quasi) totale dei dirigenti di partito e sezione locali e regionali.
Le elezioni primarie del Partito Democratico hanno prefigurato un processo elettorale sui generis. Al primo turno i candidati erano più di due (quest’anno sono stati quattro) e il censimento elettorale era composto da quelli iscritti al partito (cioè su base militante). Pertanto, i due candidati con il maggior numero di voti hanno ottenuto il voto al secondo turno. Lì, il voto è aperto a tutti gli elettori italiani. Una decisione che si rifà all’idea originaria del Pd di essere un “tutto partito”. Se al primo turno Bonaccini ha chiuso con 18,5 punti di vantaggio su Schlein, al secondo turno è avvenuto un miracolo: Bonaccini ha ottenuto 505.000 voti (46,25%). Elly Schlein, ha raggiunto quota 587.000 (53,75%). Metti in percentuale, è a pagato a cui solo il gruppo di lavoro di Schlein e Highlander Dario Franceschini (ministro della Cultura in quasi tutti i governi PD) potrebbe credere.
La cosa più sorprendente è che quello che vuole il partito non è quello che vogliono gli elettori di sinistra
Il processo – e non solo l’esito – offre un’indicazione molto rilevante dello stato di salute della sinistra in Italia.
Prima di tutto, la cosa che colpisce di più è quella ciò che vuole il partito non è ciò che vogliono gli elettori di sinistra. Il Pd si è posizionato al centro del tabellone, cercando di essere l’asse dell’asse trasversale che va dal centrosinistra al centrodestra. Dietro c’è una logica aritmetica che, in politica, proprio non funziona: 1+1 non fa mai 2 (chiedi a Iglesias e Garzón e ricorda il patto della bottiglia). Gli ultimi due Segretari, Nicola Zingaretti E Enrico LettaHanno cercato attrarre elettori più moderatirassicurandolo, evitando di usare un rosso troppo forte per dipingere sulle agende sociali, e ricordando che il Pd è “unica alternativa” e “unico freno” all’onda nera percorsa da Giorgia Meloni E Matteo Salvini. Questa via di mezzo, né carne né pesce, ha deluso l’elettorato di estrema sinistra e la fascia più popolare. Non è vero che il voto Pd si è rafforzato nelle grandi città e nelle aree ad alto reddito pro capite, mentre è crollato nel Mezzogiorno (a discapito del Movimento 5 Stelle che gioca un ruolo di primo piano). lato sinistro). Li guida al peggior risultato della sua storia in termini di voti assoluti (5,3 milioni, con una preferenza del 19,07%).
Se la destra riesce a mantenere il suo elettorato, il pugno sul tavolo lo danno chi non c’era, chi non ha partecipato. Le astensioni hanno raggiunto livelli record (quasi il 36%, nove punti in più rispetto alle elezioni del 2018) e sono in gran parte dovute alla diaspora senza meta di cittadini disillusi dal Partito Democratico. Dopo l’elezione, il segretario Enrico Letta si è dimesso senza ulteriori resistenze. Il nome più accreditato era, all’epoca (settembre/ottobre 2022), Stefano Bonaccini. Con un profilo incentrato sul “buon governo”, privo di particolari tratti ideologici e con un cenno al centro liberale occupato da Renzi e Calenda, Bonaccini rappresenta una perfetta continuità con l’opera di Zingaretti e Letta. Qualcosa che soddisfi tutta la dirigenza del partito e i governatori locali e regionali e, in particolare, i due più importanti governatori PD del Mezzogiorno: Vincenzo De Luca (Campania) e Michele Emiliano (Puglia). Bonaccini ha trovato grande appoggio nella struttura, il che dimostra – ancora una volta – la distanza del leader dal popolo.
Elly Schlein è la segretaria più giovane nella storia del partito (37 anni) e la prima donna nella più alta carica del Pd
Il secondo punto da sottolineare riguarda dislocamento nella grande tavola della politica italiana. Elly Schlein ha vinto la sua partita mettendo sul tavolo quattro questioni principali: l’introduzione del salario minimo, l’ampliamento dei diritti civili, il ripristino del welfare state (con investimenti in Sanità e Istruzione) e l’implementazione di una “impronta ecologica” in tutte le politiche economiche. e sociale. Schlein idealmente si trovava più a sinistra di Bonaccini e ciò avrebbe permesso ai liberali Renzi e Calenda di occupare il centro. Ciò significa che a sinistra si verificherà un sovraffollamento, visto che il Pd può occupare lo spazio dove sta da solo il Movimento 5 Stelle. Considerando l’attuale sistema elettorale, è probabile che M5E e PD entrino in dialogo e si posizionino come co-protagonisti del nuovo polo progressista. Questo potrebbe emarginare ulteriormente le fazioni extraparlamentari (che da sole non fanno nemmeno il 2%).
Il terzo e ultimo punto da evidenziare è rassegnazione femminile E nuova centralità dell’agenda femminista. Saranno questi i due elementi chiave della contesa politica, essendo un elemento strategico e che, ora, si realizza attraverso il contrasto delle due figure più importanti del governo (Giorgia Meloni) e dell’opposizione (il nuovo segretario del Pd ). ). . Meloni e Schlein rappresentano due modi contrastanti di concepire una donna. Non escludendo lo slogan della Meloni “sono donna, sono madre, sono cristiana”, Schlein ha risposto con “non sono madre ma sono donna”. Per la prima volta nella storia della “Seconda Repubblica” (l’Italia post-Tangentopoli, dal 1993 in poi), il femminismo e i suoi concetti centrali potevano diventare un’area di lotta così delicata e, di conseguenza, diventare l’asse della nuova narrativa politica.
Il femminismo e i suoi concetti chiave possono diventare un campo di battaglia molto sensibile e un perno per nuove narrazioni politiche.
Questa svolta inaspettata porterà ovviamente sia opportunità che sfide. Il Partito Democratico può finalmente appianare le rughe che ha generato. Come per Benjamin Button, il Pd è nato vecchio, ereditato dalla tradizione democristiana e da una corrente più moderata. Partito Comunista Italiano riunirsi per rispondere alla sfida di seconda repubblica. Elly Schlein è la segretaria più giovane nella storia del partito (37 anni) e, come detto, la prima donna nella carica più alta del Pd. Inoltre, il nuovo segretario è apertamente bisessuale: anche questo è un inedito, considerando che c’è un solo leader di partito apertamente omosessuale (Nicola Vendola di Sinistra, Ecologia e Libertà). Queste caratteristiche corrispondono al messaggio trasmesso a prioriE semplifica la stampa. che ci sarà un cambio di direzione. Inoltre, questa novità potrebbe riattivare la base militante e, in generale, creare fermento e motilità all’interno del variegato mondo della sinistra italiana. È chiaro che si tratta di un’occasione storica per cambiare qualcosa – anche se non si osa dire quanto e come – e ci sarà scompiglio. Questo può aiutare a concentrarsi sull’opposizione e, con essa, coltivare una narrativa alternativa a quella dominante (di destra). La sfida appropriata è per mettendo insieme diverse narrazioni e prospettive, cercando lo stesso orizzonte. Inoltre, Elly Schlein deve affrontare il difficile compito di tenere unita la festa, evitare sanguinose divisionie allo stesso tempo trovare un terreno comune con altre forze politiche che fino a poco tempo fa avevano identificato il PD con il territorio liberale (e giustamente).
La partita più importante inizia ora e ci sarà tutto il tempo per il nuovo segretario per prepararsi alle prossime elezioni politiche (che si terranno tra quattro anni). Non c’è dubbio, però, che sia stata un’occasione di cambiamento del tutto inaspettata.
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