Recensione: Vietato per cani e italiani

– Combinando poesia e realismo, Storia piccola e grande, in uno stile animato originale e personale, Alain Ughetto ha firmato opere di accattivante testimonianza dell’emigrazione italiana

“Quando nevica la gente dice: beati quelli che hanno pane e polenta”. In questo vortice di velocità dell’informazione e materialismo consumistico saldamente ancorato all’abitudine, il mondo occidentale, in particolare l’Europa, ha la sfortunata tendenza a dimenticare la sua storia recente, la scarsità che ha preceduto la sua abbondanza e le sue passate migrazioni economiche. Testimoniare, rivivere le ombre del tempo e rendere omaggio alla sua famiglia piemontese costretta dall’estrema povertà ad andare in esilio in Francia nella prima metà del Novecento, questa è la missione che il cineasta francese ha avviato. Alain Ughetto insieme a Vietato ai cani e agli italiani [+lire aussi :
bande-annonce
interview : Alain Ughetto
fiche film
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lanciato in gara il 41 Festival del film d’animazione di Annecy.

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Un soggetto profondamente personale che intreccia piccola e grande Storia a cui il regista presta tutta la sua creatività originale e inventiva (nata nell’infanzia: “i miei unici amici si chiamano plastilina, forbici, colla e matita”) per animazioni tridimensionali, oggetti di uso comune (patate divise in cinque come unico alimento, carbone, broccoli, castagne, zucchero, ecc.) irrompono in mezzo ai pupazzi, la mano stessa del regista entra nel quadro e nella trama tessuta dal dialogo con la nonna Cesira che racconta la sua vita.

Da qui, tanto tempo fa, alla fine dell’800, il piccolo borgo di Ughettera all’ombra del Monviso, e nonno Luigi, uno degli 11 figli della famiglia Ughetto. Dormivano tutti nelle stesse baracche, non mangiavano quasi mai carne e, per mancanza di lavoro, dovevano arrancare sui passi di montagna verso la Francia o la Svizzera quando arrivava l’inverno. Una triste esistenza sacrificale dominata da preti, cesellatori e maghi (“mascha”) scossa dai drammi della guerra (spedizione italiana in Libia nel 1911, prima guerra mondiale), incidenti, influenza spagnola, mancata partenza per l’America. Ma c’è anche l’amore, la resurrezione, la nascita, la crescita dei figli, l’esilio di frontiera di Cesira e Luigi in balia di massicci (e pericolosi) progetti (i trafori del Sempione, la diga dell’Izourt, il Genissiat). Perché «la Francia aveva bisogno di molta manodopera e gli italiani erano molto richiesti», «spazzacamini, netturbini, calzolai, ghiaioli… Erano bravi in ​​tutto», «rotti dal freddo, agli abbracci gelidi del vento .” Fu questa esigenza di sopravvivenza economica e di esistenza di duro lavoro (in un clima xenofobo con gli italiani trattati come “maccheroni”) che l’ascesa del fascismo suggellò facendo degli Ughetti una famiglia francese: “Io sono piemontese, l’Italia è il paese di Mussolini, ma la Francia è la mia nutrice.

Oscillando tra “ridere e cantare, costa poco” (dal Front Populaire al Tour de France) e “abbiamo troppa gente per piangere e poche lacrime”, Vietato ai cani e agli italiani è un film morbido e ruvido, intimo e storico, poetico e realistico. Secondo l’affascinante peregrinazione della sua famiglia, Alain Ughetto ha recuperato frammenti della memoria di un secolo, ed è riuscito a scolpire queste tracce attraverso un’animazione il cui aspetto artigianale e fai-da-te maschera semplicemente un lavoro altamente sofisticato dove l’immaginario e il reale. perfettamente sposati in uno stato d’animo sempre positivo, al di là delle asperità dell’esistenza. “Perché non veniamo da un paese, veniamo dalla sua infanzia.”

Prodotto da un’azienda francese Film sul tamburo di seta e Lunedì vita! e coprodotto da connazionali di Flipbookda un belga di Film Lux Fugititaliano da Film sui graffitiportoghese daFilm western e gli svizzeri Il film Nadasdyinsieme a Cinema Alvernia-Rodano-Alpiquello RTS e RTBF, Vietato ai cani e agli italiani venduto da Vendite indipendenti.

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Fedele Golino

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