Critica di Tosca al Liceu

Tuttavia, il turbinio di interpretazioni della produzione di Villalobos è partito da un approccio impossibile. Proponendo la figura di Pasolini come il nucleo in cui gli elementi ei personaggi dell’orbita operistica di Puccini hanno costretto Villalobos, come abbiamo visto, a identificare Pasolini con Cavaradossi. Non c’è dubbio che Cavaradossi, l’artista i cui impegni politici erano in ultima analisi punibili con la morte, fosse la persona più vicina al regista italiano. Ora, l’identificazione di Pasolini con Cavaradosi presuppone di stabilire un’equivalenza tra la figura proiettata come centrale e il personaggio che nelle opere di Puccini, pur non essendo affatto secondario, non occupa nemmeno un posto centrale, poiché quel centro è riservato a Tosca e, secondo la approccio del compositore e del suo bibliotecario, non può altrimenti. È vero che i titoli possono di tanto in tanto essere confusi rispetto al cuore dell’opera, e non mancano i motivi per cambiarli. Trovatore nel Giglio uno di Don Carlo nel Filippine, senza andare oltre, ma in genere un titolo è solitamente frutto di scelte ponderate e Puccini ei suoi bibliotecari, fedeli al loro stile rigorosamente programmato, non cucivano senza filo. Il titolo qui è quindi enfatico. Opera tratta di Tosca, della sua sofferenza, del suo sacrificio. È lei che è ritratta e gli altri personaggi esistono per presentare il ritratto, poiché Tosca è definita dal suo rapporto con loro. Per quanto riguarda Cavaradossi, sappiamo che Tosca è un’amante appassionata, gelosa, ma anche molto protettiva. In relazione a Scarpia – personaggio molto più sviluppato di Cavaradossi–, Tosca è virtù, incorruttibile purezza morale (“Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva!”), valente esecutore testamentario. , colui che ha commesso il delitto, la mano della vendetta che deve ristabilire la giustizia. Puccini e il suo bibliotecario sono responsabili, insomma, di ciò che il pubblico prova attraverso Tosca – “Son io que cos torturate!”, sbotta Tosca a Scarpia, mentre torturano Cavaradossi. Alla fine, sono molti gli indizi che fanno pensare che l’opera di Puccini ruotasse attorno al personaggio di Tosca, ma Villalobos negò il massimo e, in quella testardaggine, decise, come abbiamo visto, di includere lo stesso Pasolini come personaggio e come personaggio. è stato interrotto da Cavaradossi, il che deve aver minato un approccio già problematico, poiché questa decisione ha costretto l’opera concepita da Puccini e dai suoi bibliotecari a una grande distorsione.

A questo elenco di incongruenze nelle proposte di Villalobos, è necessario aggiungere alcuni aspetti della messa in scena che hanno catturato l’attenzione dell’autore per la loro casualità o goffaggine. Mi riferisco a dettagli come, ad esempio, nel secondo atto, quando Scarpia interroga Cavaradossi e, ricordando la mancanza di collaborazione, il questore lo soffoca momentaneamente con un tovagliolo che trova in mano. È sorprendente che un personaggio come Scarpia perda la pazienza così rapidamente e impulsivamente si dedichi all’aggressione fisica. Si presume che i suoi complici, Spoletta e Sciarrone, siano già lì per fare il loro lavoro schifoso e sporco, e si presume anche che questo sia importante nella definizione caratterologica di un capo della polizia. Spoletta e Sciarrone, dal canto loro, appaiono caratterizzati da uno stile omoerotico estraneo all’immaginario pasoloniano e più tipico di Tom finlandese, cosa che apre le porte a sconcertanti buffebrazioni, così come confonde anche quella di Tosca, una donna chi è sia dominante che possessivo. – Potenziato? – basta entrare nell’ufficio di Scarpia, farsi togliere le scarpe dal capo della polizia e lavargli i piedi nudi. Insomma, è un dettaglio poco coerente con il racconto di Puccin e, di seguito, riesce a minare la credibilità della messa in scena.

Ora, al di là di questi aspetti più o meno discutibili, non c’è nulla che giustifichi che Villalobos cambi la partitura pucciniana, come fece nel primo tempo, togliendo dalla scena il ritornello, che tramite sciatta amplificazione nella scena. Te Deum.

Alberto Baroffio

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